
Per Suppaman:
La soluzione è il non agire (wuwei). Questo paradosso del non far nulla contro i soprusi che si subiscono, i massacri o le tirannidi, è giustificato dal fatto che in natura come nel mondo umano, il male si ritorce sempre sulla fonte che lo ha commesso. Per questo motivo non agendo, la violenza non inizia una spirale infinita, ma si blocca: così
la vera vittoria nasce nel cedere. Anche quest’opera (“Classico della Via e della Virtù”), come il
Gaozi ed il Mengzi, ricorre alla metafora dell’acqua. Essa è identificata come un elemento umile, si piega e volge il suo scorrere seguendo il corso delle superfici, ma seppur appare insignificante perché non oppone resistenza, l’acqua è in grado di prevalere su materiali molto solidi. Essa si trova ad essere tra il non c’è (wu) ed il c’è (you), indispensabile per la sopravvivenza dell’uomo, essendo ciò che dà vita ad ogni cosa e per le sue innumerevoli caratteristiche è spesso associata al dao, in qualità di madre dei diecimila esseri. Il fatto che l’acqua venga accostata al lato femminile Yin, e prevalga su Yang esplica ancor di più il concetto del debole che vince il più forte. Il non agire è una modalità di essere, è per questo che porta alla vittoria. Esso è un qualcosa di insito. Quest’idea può essere accostata all’idea confuciana dell’efficacia dell’armonia del dao per riequilibrare e riorganizzare la vita, ma è marcatamente esplicito che nel Laozi, il non agire è inteso esclusivamente al fatto di astenersi da ogni azione di rivalsa e rivincita, interventista o aggressiva, la quale potrebbe compromettere ed interagire in modo da rallentare il corso ordinatore della potenza invisibile (de) del dao.
Fonte:
http://www.cinaoggi.it/arte/filosofia/laozieilnonagire.htmSe tutti seguissero questo principio si creerebbero una serie di effetti a catena con il risultato dell'armonia fra le parti e quindi la pace fra gli uomini...penso ai tibetani e a quanto siamo lontani da questa logica.